PER CHI SUONA LA CAMPANA
Alla scoperta delle più avanzate realizzazioni e tecnologie, inventate o messe a punto dai tedeschi durante (e per) la Seconda guerra mondiale, molte tuttora coperte da segreto militare...
«Qualunque tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia.»
Arthur C. Clarke
Uno dei saggi più controversi e dirompenti mai pubblicati, dato alle stampe per la prima volta nel 1960, è senza dubbio Il mattino dei maghi, di Louis Pauwels e Jacques Bergier1. Posso dire che la sua lettura mi schiuse letteralmente un mondo, non tanto e non solo per i suoi contenuti esoterici, quanto per la corposa parte centrale nella quale si affrontava quello che è stato definito “nazismo mistico”, soprattutto per le incredibili ricadute tecnologiche che portarono la Germania fra le due guerre mondiali letteralmente a risorgere dalle sue ceneri e a passare in pochi anni dalla nazione sconfitta e umiliata dal trattato di Versailles alla superpotenza economica e militare che il mondo intero ha tragicamente visto all’opera nel corso della Seconda Guerra Mondiale.
La tesi espressa in quest’opera era che la Germania dell’epoca, soprattutto dal punto di vista scientifico (ma non solo), si fosse in gran parte “distaccata” dal resto del mondo; quasi una sorta di “umanità separata”, argomento a me caro nell’ambito dei cosiddetti “programmi spaziali segreti” dei quali, prima o poi, vedrò di occuparmi anche in queste pagine. Una lettura assolutamente consigliata a corollario di questo scritto è senz’altro l’articolo “Le migliaia di segreti tedeschi”, a suo tempo pubblicato sul nr. 137 di Nexus New Times2.
Comunque sia, se già è semplicemente sbalorditivo il numero di innovazioni tecnologiche (militari ma non solo, come potrete verificare dall’articolo citato sopra) in qualche modo “sdoganate” a malincuore dalla storia “ufficiale”, quelle ufficialmente non riconosciute e spesso considerate alla stregua di leggende metropolitane sono a dir poco semplicemente impressionanti.
Rimanendo nell’ambito delle prime, vale senz’altro la pena citare almeno le più significative, tenendo comunque presente che, in ambito bellico, non sempre la superiorità tecnologica comporta automaticamente la supremazia e la vittoria militare. Spesso, come vedremo, la superiorità numerica (frutto delle capacità industriali e delle risorse materiali a disposizione delle nazioni contrapposte) ha il sopravvento su quella tecnologica. Mai come per la Germania nel secondo conflitto, nei cieli come in terra e anche in mare, vale il detto “troppo pochi, troppo tardi”...
Ufficio Complicazioni Affari Semplici
Ho già accennato allo splendido Messerschmitt 262 e alle sue incredibili potenzialità in un precedente articolo3, al quale vi rimando. Tuttavia, un aspetto spesso sottovalutato ma estremamente importante, che peraltro attiene a questo caso specifico ma anche a numerosi altri, è la scarsità di materiali strategici disponibili che, come peraltro sottolineato da uno dei più importanti piloti collaudatori che la storia ricordi, il britannico Eric Brown4 (il quale per la cronaca durante e dopo il secondo conflitto volò su 487 diversi tipi di velivolo, tra i quali numerosi aerei tedeschi catturati o preda di guerra, comunque più di chiunque altro prima e dopo di lui) resero la gestione operativa del Me-262 un autentico incubo dal punto di vista logistico. Il propulsore a reazione che lo equipaggiava, lo Junkers Jumo 004, era assai più avanzato di qualunque altro analogo alleato, ma la assoluta scarsità di materiali pregiati necessari alla sua costruzione, in particolar modo negli ultimi anni del conflitto, resero obbligatorio l’impiego di metalli meno performanti al punto che la durata operativa di questo propulsore era intorno alle 25 ore, ma nei reparti dopo circa quindici ore esso veniva rimosso e sostituito con uno nuovo. Insomma, già ce n’erano pochi e di quei pochi quelli pronti al volo erano una modesta frazione.
Stesso discorso, ma peggiorato dalle caratteristiche intrinseche al progetto che lo rendevano estremamente complicato e soprattutto pericoloso, riguarda il Me-163,5 un caccia con propulsione a razzo in grado di prestazioni a dir poco allucinanti (durante il suo sviluppo il suo collaudatore raggiunse la velocità di 1123 Km/h) soprattutto durante la fase ascensionale, come magnificamente illustrato dalla seguente rappresentazione artistica.
Il Komet era una semiala volante con un motore a razzo a propellente liquido che usava due componenti estremamente volatili, il T-Stoff (perossido di idrogeno ad alta concentrazione) ed il C-Stoff (metanolo ed idrazina), molto pericolosi da maneggiare e suscettibili di esplodere al primo incidente, trattandosi di propellenti ipergolici, magari per un atterraggio un po' brusco. Oltretutto il motore poteva generare fiammate se la potenza veniva variata. Il T-Stoff era talmente corrosivo che, in caso di schianto dell'aereo, poteva letteralmente dissolvere il corpo del pilota. I Me-163 provocarono la morte di 16 piloti complessivamente6.
L’elenco di innovazioni aeronautiche potrebbe andare avanti per numerose pagine (ad esempio si potrebbe discutere delle varie tipologie di caccia notturni dotati di radar, tra i quali spicca per design e soluzioni innovative l’Heinkel He-219,7 dotato di cabina pressurizzata e dei primi seggiolini eiettabili, oppure del velocissimo caccia pesante bimotore Dornier Do-2358 dotato di configurazione propulsiva “push-pull”) ma, senza entrare nel merito del programma missilistico delle cosiddette Vergeltungswaffen9 che dette origine alle V-1 (primo missile da crociera della storia) e V-2 (primo missile balistico, che fu all’origine dei successivi programmi spaziali di USA e Unione Sovietica), vorrei chiudere accennando ad un velivolo talmente avveniristico che, se effettivamente sviluppato e messo in produzione, avrebbe probabilmente cambiato il corso della guerra (alcune fonti, peraltro senza il sostegno di alcuna documentazione, affermano addirittura che fu effettivamente costruito e impiegato per bombardare le fabbriche sovietiche dietro gli Urali, uno scenario dal quale mi dissocio completamente): il Silbervogel (“Uccello d’argento”), bombardiere sub-orbitale alimentato a razzo progettato dall’ing. Eugen Sänger e Irene Bredt nei tardi anni trenta.
Il Silbervogel era progettato per raggiungere lunghissime distanze grazie a una serie di corti rimbalzi (concetto che poi si è sviluppato nell'attuale Skip reentry). L'aereo avrebbe iniziato la missione su una rotaia lunga circa 3 km spinto da una slitta alimentata da 12 razzi dotati dello stesso motore delle V2, fino a raggiungere una velocità di circa 1.900 km/h; a quella velocità le ali lo avrebbero fatto decollare. Una volta in aria si sarebbe alzato con un'angolazione di 30° fino a raggiungere l'altitudine di 1.50 km, a una velocità di 1.850 km/h. A quel punto avrebbe usato il proprio motore, per continuare così a salire ad un'altitudine di 145 km a cui avrebbe raggiunto una velocità di circa 22.100 km/h. Quindi l'aereo sarebbe disceso nella stratosfera fino ad un'altitudine di 40 km, dove l'aumento della densità dell'aria avrebbe generato una portanza sulla pancia piatta dell'aereo che gli avrebbe permesso di riprendere nuovamente quota e ripetere il processo. A causa della resistenza fluidodinamica, ogni balzo sarebbe risultato più basso del precedente, ma secondo i calcoli il Silbervogel sarebbe stato in grado di attraversare l'oceano Atlantico con una bomba da quasi 4.000 kg e raggiungere l'interno degli Stati Uniti.10
Non credo occorra sottolineare che i vari Space Shuttle costruiti decenni dopo abbiano tratto ispirazione proprio da questo progetto...
Che dire poi dei temutissimi Panzer delle divisioni corazzate tedesche? Non c’è alcun dubbio che soprattutto i Tiger (il primo modello, il Panzer VI11, venne sviluppato nel 1942 per rispondere all’amara sorpresa rappresentata dai carri medi e pesanti incontrati dai tedeschi durante l’invasione dell’Unione Sovietica, nel corso della Operazione Barbarossa, con particolare riguardo al noto T-34, in assoluto il più innovativo ed avanzato carro armato dell’epoca; venne poi ulteriormente migliorato nella versione II, il poderoso Königstiger12, ovvero tigre Reale)
e soprattutto il Panther (Panzer V)13, sotto il profilo tecnologico rappresentarono un autentico salto generazionale (molti storici concordano che quest’ultimo sia stato il capostipite di tutti i moderni carri da battaglia; prova ne sia che fu, tra le altre cose, il primo ad essere equipaggiato di visore notturno all’infrarosso che lo rese in grado di combattere efficacemente anche di notte).
Il punto è che erano decisamente più costosi e più lunghi da produrre dei loro omologhi, e che il loro grado di sofisticazione, da un punto di vista logistico, si tradusse in un autentico incubo:
Per colpa dell'eccessivo peso, il motore e la trasmissione erano molto spesso sotto sforzo causando una perdita di potenza del motore di circa 120hp, il che lo rendeva lento e poco mobile (quindi un facile bersaglio per i cacciabombardieri alleati). L'acciaio di bassa qualità con cui era realizzato lo rendeva soggetto a frequenti guasti meccanici. La sola accensione del motore portava ad un consumo di circa 20 litri di carburante, all'epoca poco e prezioso per colpa dei bombardamenti costanti alle stazioni di rifornimento. Le riparazioni erano lunghe e faticose: per cambiare una ruota del treno di rotolamento ci voleva circa 1 giorno di lavoro con 6 meccanici esperti, la sostituzione del motore richiedeva circa 2 giorni. Per portare i Tiger I e II ai fronti con i treni era necessario montare cingoli più stretti e sui terreni accidentati gli stessi si usuravano molto In fretta. Essendo fragile e sensibile come il Panzer V Panther, il carro necessitava di personale ben addestrato e preparato. La gran parte di essi, però, arrivava alle unità operative con poca o nessuna esperienza e avevano, inoltre, poche ore per familiarizzare con il mezzo prima di entrare in azione.14
A quanto sopra si aggiunga l’enorme produzione industriale non tanto e non solo dei sovietici, quanto soprattutto degli USA (il cui apparato peraltro, trovandosi oltreoceano, non era sottoposto a bombardamenti di alcun tipo, al contrario di tutti gli altri): in altre parole, la superiorità tecnologica tedesca veniva ampiamente compensata dalla capacità produttiva dei suoi nemici, che schieravano mezzi più semplici da utilizzare e mantenere in efficienza e soprattutto in numeri talmente alti da annullare il vantaggio dato da sistemi d’arma estremamente superiori in termini di tasso di distruzione (il cosiddetto kill ratio; tanto per fare un esempio, il 13 settembre del 1943 sette Panther si scontrarono con un gruppo di circa settanta carri T-34 sovietici nei pressi di Kolomak. Durante i venti minuti che seguirono l'ingaggio, i Panther distrussero circa ventotto carri T-34 senza subire perdite).
Un discorso a parte (ma neanche tanto) lo meriterebbe la Kriegsmarine, la marina militare tedesca, che in termini qualitativi non era praticamente seconda a nessuno (si pensi alle temute, seppur sfortunate, corazzate “tascabili” Bismark e Tirpitz o alla nave corsara Admiral Graf Spee, la quale prima di essere intercettata e autoaffondarsi nel corso della Battaglia di Rio della Plata riuscì ad affondare ben nove navi nemiche) ma in termini numerici assolutamente sì, e questo alla fine fece una grossa differenza, come pure il fatto di non aver mai potuto disporre di portaerei. L’autentica spina nel fianco delle marine alleate comunque si rivelarono gli U-boot, i sommergibili tedeschi che furono il loro maggiore ostacolo verso il successo, grazie anche a tattiche particolarmente efficaci (Rudeltaktik o “branco di lupi”: nel solo 1942 essi affondarono ben 1.160 navi). Sotto il profilo tecnologico, anche in questo caso la superiorità era evidente: ad esempio, il Tipo XXI “era una classe di U-Boot della Kriegsmarine progettata per operare stabilmente in immersione, piuttosto che come un battello di superficie che si immergeva temporaneamente per non essere individuato o sferrare un attacco.
Per questa caratteristica e per le sue prestazioni, il tipo XXI rimane la classe di sottomarini tecnologicamente più avanzata della Seconda guerra mondiale (pur avendo servito solo per pochi giorni prima della fine del conflitto) ed è considerato il progenitore dei moderni sottomarini: diversi sommergibili realizzati nel dopoguerra dalle maggiori potenze mondiali (in particolare dagli Stati Uniti d'America) furono sviluppati proprio a partire da questo modello.
Le eccezionali prestazioni in immersione erano merito di un disegno dello scafo fortemente idrodinamico e di batterie elettriche ad alta capacità [...] che garantivano un'autonomia dai 2 ai 3 giorni in immersione prima di dover essere ricaricate tramite snorkel. [...] Altre migliorie rilevanti furono l'incremento dello spazio interno destinato alle scorte di siluri e, soprattutto, l'installazione di un sistema idraulico per la ricarica rapida contemporanea di tutti e sei i tubi lanciasiluri che garantiva al tipo XXI un volume di fuoco di 18 siluri in meno di 20 minuti
Il battello era dotato, inoltre, di un rivelatore di minacce radar, il FuMB-35 Athos, realmente affidabile e versatile, poiché dotato anche di un visore a tubo catodico e non solo di allarmi sonori come i modelli precedenti.”15
Questa panoramica assolutamente parziale, per essere un minimo esaustiva, avrebbe richiesto decine di pagine e includere anche i rivoluzionari sistemi d’arma in dotazione alla fanteria, all’artiglieria e quant’altro. Tutto questo senza tenere in considerazione numerosi altri progetti esotici tuttora avvolti dal mistero: i primi computer digitali tedeschi, il “vampiro” elettromagnetico, l’aria liquefatta, la penicillina e il sangue sintetici, gli studi sulla nutrizione e il miglioramento delle prestazioni umane, i sistemi di difesa passiva in dotazione alla base antartica segreta, le ricerche sulla “free energy”, le spolette elettromagnetiche per l’artiglieria antiaerea, i missili guidati, le prime ricerche sulla tecnologia “stealth” (collaudata sugli snorkel di alcuni U-Boot), il missile-elicottero, le prime bombe termobariche, i siluri aerei, i super-metalli, i nuovi combustibili chimici, il mitico “mercurio rosso”, il cannone elettrico, il gas e il sistema elettromagnetico antiaerei, i “raggi della morte” e la prima arma laser, la raffinazione del petrolio tramite onde sonore e la produzione di benzina sintetica, i super lubrificanti, il “martello di Thor” e altri missili misteriosi, i sistemi di comunicazione tramite Onde Estremamente Basse, gli esperimenti temporali, la fusione a confinamento magnetico, il sistema di propulsione termonucleare, e altro ancora17.
Nasce spontanea la domanda: qual era il motivo di così tante innovazioni scientifiche e tecnologiche nella Germania dell’epoca? Era semplicemente il risultato del sistema educativo? Era la pressione dello sforzo bellico di fronte a una possibile sconfitta? Era una dottrina di elevate aspettative? Probabilmente era tutto questo insieme, ma anche se non soprattutto la credenza in paradigmi peculiari alla Germania Nazista e alla sua cultura, come peraltro postulato dal saggio citato in apertura di questo articolo.
Ai confini della realtà (e oltre)
A questo punto non si può evitare di accennare al famoso (o famigerato, a seconda dei punti di vista) Hans Kammler, generale di Corpo d’Armata (Obergruppenfuhrer) delle SS a capo di diversi progetti di costruzione di tecnologie avanzate e pionieristiche, inclusi impianti industriali, le cui sorti al termine del conflitto rimangono a tutt’oggi avvolte nel mistero, anche se qualcuno ritiene sia stato esfiltrato negli USA nell’ambito dell’Operazione Paperclip, cosa che personalmente non credo.
Fra le varie operazioni che ricaddero sotto il suo comando, ci fu il controllo operativo dei bombardamenti di Londra, Liegi, Bruxelles, Anversa e Parigi con le V-1 e V-2; il controllo operativo di tutta la produzione e ricerca missilistica, compresa la V-2 e il missile balistico intercontinentale A9/10; la supervisione della progettazione e della costruzione delle prime fabbriche sotterranee di aerei e missili a prova di bombardamenti, compresi i siti per la produzione di motori a reazione e del Messerschmitt 262; la progettazione e costruzione del primo poligono sotterraneo al mondo per il collaudo di missili e, naturalmente, il comando, controllo e coordinamento di tutta la ricerca sulle armi segrete del Terzo Reich sino alla fine della guerra17.
Sarebbe troppo lungo dilungarci a spiegare la struttura del cosiddetto Sonderkommando, il Comando Speciale delle SS con sede presso lo stabilimento Skoda di Pilsen (ricordate la vicenda di Patton nel mio precedente articolo?), che Kammler presiedeva con potere assoluto e incredibilmente senza alcun collegamento con le filiali standard dell'esercito tedesco, dello stato tedesco e persino del partito nazista. Esso era completamente al di fuori dei libri contabili, un autentico Black Project ante litteram che coordinava tutti i progetti più oscuri della Germania nazista.
Probabilmente il più discusso, controverso e misterioso di questi ultimi fu quello conosciuto come Die Glocke, ovvero la “Campana”.